Analizzando molteplici cosmogonie, storie sacre delle origini, scopriamo che l’atto della creazione è un suono associato al principio del movimento. Si può dire che il suono crea il mondo e la danza lo ordina. Questo atto è completato attraverso la grazia della divinità che “cosmicizza” lo spazio “”. Lo rende bello per desiderio d’amore (cosmo infatti viene dal greco “cosmesi” cioè “abbellire”). Il suono quindi penetra il vuoto come una deflagrazione e il movimento della divinità struttura il nulla indeterminato dandogli una definizione, ovvero corpo e armonia.
Con la parola e la danza del dio, ha quindi origine la vita, le tenebre sono irrorate dalla radiazione luminosa e lo spazio prende forma in quanto il suono è vibrazione-movimento e Luce. Così quando in Genesi Dio ordina “Sia la luce e la luce fu”, lo fa attraverso il “Verbo”, che è luce-suono. Senza il suono cosmico non c’è creazione, non c’è ordine. Il suono che scaturisce dall’abisso primordiale è la prima forza creatrice, e questo è scientificamente coerente, tant’è che oggi si parla di Big Bang, una fragorosa esplosione di portata inimmaginabile che avrebbe determinato il formarsi di una nebbia luminosissima da cui si sarebbe espanso l’universo. Questo ancora una volta si ritrova nelle storie sacre delle origini. Nell’antica cultura dell’India la genesi è associata al dio Shiva Nataraja, ovvero “Shiva Signore della Danza”, il danzatore cosmico. Nei Purana viene raccontata la danza cosmica del dio distruttore-creatore, la Ananda Tandava, danza di beatitudine infinita. Shiva la svolse accompagnato dal suono del tamburo, oggetto sacro che rappresenta il suono primordiale dal quale discendono i ritmi e i cicli della creazione. Nella danza di Shiva c’è la chiave per leggere ciò che, ad oggi, narra la fisica dei quanti. Scrive Alain Daniélou: «La materia, la vita, il pensiero non sono che relazioni energetiche, ritmo, movimento e attrazione reciproca. Il principio che dà origine ai mondi, alle varie forme dell’essere, può dunque essere concepito come un principio armonico e ritmico, simboleggiato dal ritmo dei tamburi, dai movimenti della danza. In quanto principio creatore, Shiva non profferisce il mondo, lo danza».
Un brano del Popol Vuh, testo sacro dei Maya, afferma che prima della creazione, nessun suono e movimento era presente ma solo il Nulla, immobile e silenzioso: «Tutto era in uno stato di sospensione, nella calma assoluta, in silenzio; tutto era immobile (…) C’era solo immobilità e silenzio nell’oscurità (…) Finalmente con l’arrivo di Tepeu e Gucumatz giunse la parola…». La parola-canto, quindi, danno vita al primo movimento, impulso divino di ogni cosa creata. Quando non vi era nulla non vi era suono, non c’era vita-moto. Così ci dice anche Giovanni (1,1-18): «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste». Frase che ritroviamo associata alla danza-movimento cosmico nel Vangelo di Tommaso, dove il Cristo risponde al suo discepolo, che gli chiede qual è il segno del Padre in noi, con queste parole: «È movimento e quiete». Dunque la danza è metafora dell’Anima: perché la creazione si “anima“ con la Danza divina. Questa danza creatrice viene svelata in un antico mito pelasgico. Nell’infinito indefinito vuoto silenzioso, una dea, la vagante in ampi spazi, ovvero Eurinome, emerse nuda dal Caos ed iniziò a danzare sulle onde primigenie. Il vento che produsse con la sua danza primordiale, divenne nelle sue mani il grande Serpente Ofione, che mosso da desiderio si unì alla dea. Eurinome rimase incinta e depose l’uovo cosmico, dal quale ebbero origine, con un’esplosione luminosa, il Sole, la Luna, le stelle e tutto ciò che doveva essere creato. Storia non dissimile che ritroviamo anche in moltissimi altri miti antichi in diverse parti del mondo.
Chi danza, quindi, seppur in gran parte inconsapevolmente, ripropone un atto sacro, un rito. Ecco il motivo per il quale il ballerino che danza, nella sua espressione più alta e armoniosa, esprime una forma di estasi. Perché diviene uno con il ritmo, con la vibrazione, che è l’unica verità del Cosmo di cui possiamo fare esperienza. Il corpo di un ballerino è come una scintilla che anima una creazione. Allo stesso modo un gruppo di ballerini è come un insieme di parti che esprimono l’armonia e la perfezione come allegorie di quella stessa creazione. Questo è il motivo per cui, nelle civiltà umane, forse ancor prima della parola, la comunicazione è nata con i suoni della voce e degli elementi naturali utilizzati per il ritmo, e da questi è nata la danza, utilizzata sciamanicamente per rientrare in comunione con il Creatore. Ecco perché il dio Shiva Natarajan, il Signore della Danza, per quanto antico, mantiene la sua assoluta potenza comunicativa. La Danza, nella sua espressione più sublime, è come un sogno divino, e l’uomo può riproporla costantemente, non importa con quale stile, purché nel suo svolgersi riproponga l’estasi del sogno. Fu William Shakespeare a scrivere: «Noi siamo fatti della stessa materia di cui son fatti i sogni»… quindi nella nostra essenza noi siamo fatti di danza, una danza celestiale che pochi uomini hanno sinora davvero danzato.
Adriano Forgione
Direttore del Mensile FENIX